LA TV CHE NON C’E’ PIU’
L’eccellente collaboratore di DM, Avanguard, ha come saprete un bellissimo blog sugli anni 80, Stracult.
Ebbene, su Stracult ogni giovedi c’è un divertente gioco Quiz80 che invita i lettori a “smascherare”, tramite alcuni indizi, un personaggio dell’epoca che si cela dietro un sorriso.
L’ultima ”puntata” del gioco è stata vinta dal sottoscritto che ha richiesto ad Avanguard un post che confrontasse le offerte televisive degli anni 80 di Rai e Mediaset.
Il premio del gioco consiste, infatti, nella richiesta di un “post a piacere” e poichè ogni lunedi su DM ci occupiamo della storia della tv commerciale con La Grande Avventura, un confronto con la tv di Stato di quegli stessi anni mi pareva d’obbligo.
Il risultato è stato questo…
Difficile tracciare un bilancio dell’attività dei due maggiori network televisivi in quel periodo. Escludendo film, telefilm stranieri e cartoni animati che non sono oggetto di questa sorta di analisi casareccia, possiamo dire che le produzioni televisive non erano vittima di ansie da share o frutto di uno schema quasi inviolabile come invece avviene oggi. Perchè oggi la televisione è suddivisa in fasce ed è dominata da stereotipi, dai quali pare impossibile uscire. I quiz devono andare in onda sempre e comunque nella fascia preserale, le soap obbligatoriamente nel primo pomeriggio (tranne qualche raro caso), le fiction nei primi giorni della settimana, i programmi dedicati alla natura la domenica mattina e così via. S’è persa la libertà di proporre un palinsesto alternativo che permetta realmente al telespettatore di scegliere.
Una continua ed insopportabile sovvrapposizione che toglie continuamente al telespettatore la possibilità di scegliere e lo spinge nei casi più “disperati” a rivolgersi a sistemi di videoregistrazione.
Negli anni 80 invece tutto, anche in tv, era una continua scoperta. E’ giusto dire però che quest’effetto novità è arrivato con l’avvento delle Reti Fininvest perchè fino a quel momento la Rai aveva sempre e solo puntato su una certa austerity: informazione, intrattenimento, divertimento ma sempre con una sostanziale attenzione allo spirito educativo e culturale che la televisione di Stato doveva necessariamente avere.
Con le Reti Fininvest questo approccio è cambiato drasticamente. Perchè il nuovo network puntava essenzialmente all’intrattenimento frivolo e decisamente leggero. L’obiettivo primario era quello di accattivarsi le simpatie del pubblico, divertendolo ed appassionandolo. Ad ogni costo.
E lo scopo è stato presto raggiunto, soprattutto grazie al serial Uccelli di Rovo che ha messo in ginocchio Rete 4, allora ancora di Mondadori e ha costretto la Rai ad accorgersi dell’esistenza delle reti Fininvest.
Da lì è iniziata la grande scalata delle reti commerciali: programmi mattutini come Buongiorno Italia, contenitori pomeridiani, quiz e tanta attenzione nei confronti dei bambini.
D’altro canto la Rai ha proseguito per la sua strada, modificando solo di poco e sempre in maniera graduale le sue scelte editoriali e soprattutto continuando a proporre grandi show come Fantastico, solo per citarne uno.
Perchè la Tv di Stato ha sempre fondato i suoi successi sui grandi nomi: artisti che proprio lì si erano formati e che costituivano una sorta di patrimonio nazionale. Personaggi che in breve tempo sono stati “scippati” dalla Fininvest: Corrado, Mike Bongiorno ed in un secondo tempo senza troppa fortuna Raffaella Carrà e Pippo Baudo. Tutto questo per percorrere la strada già intrapresa dalla Rai, in chiave però del tutto sperimentale.
E proprio sperimentazione era la parola chiave dei programmi della tv commerciale. Cosa che si non si poteva dire della più classica Rai, da sempre, anche per motivi politici, più reticente a fare un certo tipo di tv.
A sottolineare i tempi che stavano per cambiare erano proprio programmai Rai tra i più amati come Quelli della notte o Indietro Tutta, che con grande lungimiranza dipingevano la tv come sarebbe diventata da lì a poco. Il senso della sfida ma anche la voglia di eccedere, avrebbe portato il mezzo televisivo a cambiare completamente fino ad allontarsi del tutto dalle proprie origini.
Origini che hanno visto la Rai prevalere almeno in un campo: quello dell’informazione ed in generale della divulgazione. Se Studio Aperto, il primo tg della tv commerciale ha visto la luce nel 1991, il Tg1 già negli anni 70 aveva iniziato a muovere i primi passi.
E anche dal punto di vista della divulgazione scientifica e non, la Rai ha sempre avuto la meglio. Le reti Fininvest hanno provato comunque ad investire in questo campo proponendo programmi tutto sommato interessanti come quelli condotti da Licia Colò o Ambrogio Fogar ma non di certo all’altezza della concorrenza, anche per mancanza di mezzi.
Al contrario un campo in cui la Rai non ha mai voluto investire più di tanto, è quello dei telefilm italiani. Mentre Italia 1, sempre seguendo il tema della sperimentazione, proponeva tutto il filone di telefilm legati a Kiss Me Licia e Cristina D’Avena, la Rai stava a guardare, preferendo acquistare prodotti già confezionati e collaudati in altri Paesi.
L’autorevolezza e la poca voglia di mettersi in gioco della Rai contro la grinta della Fininvest, i grandi show della Rai contro gli esperimenti non sempre fortunati della tv commerciale. Questi in sostanza i cardini del grande scontro che avrebbe portato a quella continua contaminazione tra l’uno e l’altro network non sempre positiva nell’ambito di una sana concorrenza.
Se infatti oggi la Rai si “abbassa” a proporre show di dubbio gusto e Mediaset cerca di emulare i programmi che hanno sempre caratterizzato la tv di Stato, con risultati spesso scarsi, lo dobbiamo anche a questa concorrenza che è stata intesa nel peggiore dei modi. E soprattutto con le peggiori conseguenze per noi telespettatori.
Se ognuno avesse seguito la proprio “indole”, rispettando una linea editoriale coerente ed al passo con i propri tempi, forse anche la tv oggi sarebbe in uno stato di salute decisamente migliore. Invece per ora, è bene accontentarsi (anzichè no) di una copia, di una copia mal riuscita, a volte sbiadita e sicuramente noiosa. E probabilmente, con buona pace di tutti noi, destinata a durare ancora per un pò. Fino al tracollo o alla sua “resurrezione”.
7 novembre 2007 alle 18:50