GIOVANNI TOTI A DM: IL PROGRAMMA DELLA PARODI SU LA7 NON MI PREOCCUPA. E’ UN INCROCIO TRA LA BIGNARDI E QUALCHE ALTRA TROVATA TELEVISIVA UN PO’ COPIATA
Direttore. Anzi, direttore bis. Giovanni Toti guida contemporaneamente due telegiornali di casa Mediaset: Studio Aperto e Tg4. Una sfida, questa, tutta all’insegna dell’informazione, che il giornalista affronta con lo spirito di chi vuol lasciare il segno. Non potevamo non saperne di più sulla sua mission ma lo interrompiamo, ieri, mentre guarda nel suo ufficio il debutto di Cristina Parodi su La7. La nostra chiacchierata inizia proprio da un giudizio sul diretto competitor dell’edizione delle 14 del Tg4 nella sua nuova era ‘post-Fede’.
Direttore, che te ne pare del programma della Parodi?
Mi sembra uno studio un po’ freddo con un bellissimo tavolo però nulla di nuovo. Un incrocio tra la Bignardi e qualche altra trovata televisiva un po’ copiata.
Non ti preoccupa, quindi, per il Tg4 delle 14?
No, non particolarmente. La sfida del Tg4 delle 14 è talmente difficile che non mi preoccupa l’arrivo di un competitor in più. A me preoccupano i telegiornali regionali della Rai. Anzi, dovrebbe essere preoccupata anche la Parodi dei TGR, noi poi ci spartiamo le briciole.
In effetti i risultati dell’edizione delle 14 sono bassi…
Ci vorranno alcuni mesi per far capire al pubblico che c’è quell’edizione, imparando a sintonizzarsi su Rete4 se si è in cerca di notizie nazionali. Il lavoro che stiamo facendo però mi piace: mezz’ora di informazione vera, senza fronzoli, con molti collegamenti. Dopo di che per i risultati ci vorrà tempo: è un orario che non ha mai avuto informazione ed è dominato da programmi femminili, molto leggeri. Oltretutto in questa settimana la rete non era ancora completamente accesa. Diciamo che per un giudizio completo ci dobbiamo risentire a Natale.
Quando sei stato chiamato alla direzione del Tg4, qual è stato il primo pensiero che hai fatto?
Che roba complicata!
Dirigere due tg? (ridiamo)
No, raccogliere l’eredità di Emilio (Fede, ndDM) che resta pur sempre un pezzo di storia del giornalismo e, senza buttar via quel che di buono c’era della sua eredità, rifondare un telegiornale che di fatto era diventato l’Emilio Fede Show. Quello che l’editore mi ha chiesto è trasformare lo show di una persona in un telegiornale che avesse più punti ora sulla rete e fosse la spina dorsale della trasformazione che Rete4 in questi mesi sta mettendo in atto. Una rete con una forte vocazione all’informazione non può non avere un telegiornale che la connota.
E’ il ‘pur sempre’, riferito a Fede, che non riesco a capire. Sembra ci sia dell’astio.
Io so che se sono qua, oggi, come giornalista Mediaset lo devo un po’ anche a Emilio Fede perchè l’informazione in quest’azienda l’ha fondata lui. E ha fatto pagine di grande giornalismo.
E poi che è sucesso?
Nell’ultimo periodo il suo telegiornale aveva preso una deriva personalistica troppo accentuata sia per quanto riguarda la parte leggera (vedi Sipario o le Meteorine, un mondo che secondo me non appartiene all’informazione) sia dal punto di vista delle notizie: molto calcate, commentate, tagliate sulla figura del fondatore.
Meglio un palese essere di parte o meglio mantenere un’imparzialità di facciata?
Meglio un palese essere di parte. Ma quando questo palese essere di parte connota un intero telegiornale e influenza tutte le notizie dal profondo rischia di non trovare più dimora visto che una televisione commerciale non può chiudersi in una nicchia di simpatizzanti dell’una o dell’altra fazione. Un editore di una tv commerciale cerca di raggiungere tutto il pubblico possibile ed io con il Tg4 ho proprio questa ambizione.
E’ una necessità dettata anche dalle imminenti elezioni politiche?
Non credo, altrimenti avrebbero lasciato il telegiornale ad Emilio Fede. Credo siano ragioni puramente editoriali. Ci sono da riconquistare tutti i giorni quote di mercato e Rete4 con Feyles (il direttore di rete, ndDM) sta facendo un grande sforzo per ricrearsi una sua identità ed essere appetibile per target pubblicitari buoni, svecchiandosi un po’ ma senza perdere il suo core business che è quello di presidiare un’area matura del pubblico. E questo non puoi farlo lasciando una roba completamente avulsa dalla rete come l’informazione di Emilio Fede. Noi ora vorremmo fare un sistema integrato dell’informazione di cui il Tg4 è la spina dorsale e intorno ci sono programmi di prima serata e ce ne saranno di seconda.
Come mai Sipario e le Meteorine sono stati messi da parte?
Non rientrano nel mandato editoriale del Tg4. Non erano due prodotti coerenti col telegiornale che l’editore mi chiedeva di fare su Rete4. E secondo me non erano adatti nemmeno per il Tg di Italia 1, non mi profumavano di nuovo e di fresco.
Te lo chiedevo perchè con Lucignolo e con Live hai dimostrato di apprezzare anche l’infotainment. Cosa preferisci maggiormente: infotainment o informazione pura?
A me piace dare le notizie che il pubblico vuole sentire.
Si parla sempre dell’importanza del traino per il telegiornale. Non credi che l’edizione di Studio Aperto delle 12.25 smentisca un po’ questa teoria?
L’edizione delle 12.25 di Studio Aperto è l’edizione che mi dà maggiori soddisfazioni in assoluto. La gente la va a cercare e nasce da un’abitudine d’ascolto che va avanti da tanti anni. E’ sempre stata lì. Io sono convinto che il traino sia importantissimo però sono altrettanto convinto che sia sopravvalutato. A fronte di un’insufficienza del traino uno può giocare con gli ingredienti della cucina che c’ha in casa. Magari si può aprire in maniera un po’ più aggressiva per far salire la curva un po’ prima. E questo, chiaramente, ti comporta un po’ di critiche. Ma la botte piena e la moglie ubriaca non si possono avere.
Preferisci di avere critiche positive dai salotti buoni oppure preferisci il consenso del pubblico?
Assolutamente il consenso del pubblico. La realtà dei critici più blasonati credo sia abbastanza scollegata dalla vita reale del Paese e spesso leggo critiche disinformate da parte di gente che scrive di televisione senza guardarla. Grande approssimazione e tutto basato su presunti quarti di nobiltà che attribuiamo a determinati giornalisti o a determinate star. Se sei nel salotto buono di Mediobanca sei uno che è giusto ascoltare; se non lo sei, devi sempre uscire dalla porta di servizio.
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